{"id":542,"date":"2013-11-08T15:43:33","date_gmt":"2013-11-08T15:43:33","guid":{"rendered":"http:\/\/fabriziodamico.it\/?page_id=542"},"modified":"2013-11-08T15:44:42","modified_gmt":"2013-11-08T15:44:42","slug":"antonio-corpora-gli-anni-cruciali","status":"publish","type":"page","link":"http:\/\/fabriziodamico.it\/?page_id=542","title":{"rendered":"Antonio Corpora: gli anni cruciali"},"content":{"rendered":"
Antonio Corpora: gli anni cruciali (1946 \u20111952)<\/b><\/p>\n
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La pittura di Antonio Corpora ha attraversato una gran parte del nostro secolo. Per almeno tre decenni, da quando sbocci\u00f2 (e per la prima volta fu vista, in una mostra fiorentina dei 1930) a tutti gli anni Cinquanta, essa s’\u00e8 schierata sul fronte pi\u00f9 avanzato della modernit\u00e0: con naturalezza, e come senza fatica. Senza che mai il suo star l\u00ec, su quello spalto rischioso e difficile, si ripiegasse sulla sua natura istintivamente felice, fiaccandone lo slancio gioioso con il peso di un progetto troppo fiscalmente perseguito.<\/p>\n
No: non \u00e8 stato mai, Corpora, un chierico dell’avanguardia. Ha, prima, affondato in essa le sue radici, prendendone nutrimento; poi tanto le ha restituito: senza pretenderne in cambio garanzie, statuti o salvacondotti. Ha, cos\u00ec, molto sperimentato, e molto ha scelto di dimenticare: sempre scegliendo l’oggi, e quasi voltando le spalle a un rassicurante passato. Al punto che pu\u00f2 dirsi, quasi, che egli abbia sperperato (e questa \u00e8 una sua colpa: che condivide con quanti \u2011 ed io stesso, in anni recenti \u2011 ne hanno seguito il lavoro spesso accontentandosi di sottolinearne gli esiti ultimi) la memoria storica di s\u00e9, e di quel tempo lungo che lo vide al centro della rinascita dell’arte italiana nel nostro cruciale dopoguerra: dei suo reingresso, a pieno titolo e con un peso ancora oggi ampiamente sottovalutato, nel dibattito europeo.<\/p>\n
\u201cEgli, africano, \u00e8 tra noi forse il pi\u00f9 europeo”, scriveva di Corpora, nel ’47, Renato Guttuso. Alla cui onesta testimonianza di allora possiamo aggiungere, oggi, questa piena consapevolezza: che in quel giro d’anni la qualit\u00e0 della sua pittura sia stata non d’un sol punto inferiore rispetto a quella espressa da quei cespiti di cultura internazionale (i jeunes peintres de tradition francaise, <\/i>e in generale il clima francese d’immediato dopoguerra) cui Corpora si riferiva, avendo individuato in essa, lucidamente, l’unico linguaggio in grado di costituirsi a comune paradigma europeo, e dunque l’unico capace di traghettare la nostra cultura d’immagine oltre le secche autarchiche lasciatale in eredit\u00e0 dal trascorso regime. La vicenda del neo-cubismo in Italia \u00e8, come si sa, assai complessa. N\u00e9 varr\u00e0 qui ripercorrerla in una sintesi estrema, se non per quel tanto che serva ad avvertire del ruolo decisivo che Corpora gioc\u00f2 nei due suoi momenti cruciali: al suo primissimo insorgere, e – subito appresso \u2011 al suo diramarsi in due filoni principali, l’uno di forte implicazione contenutista, l’altro pi\u00f9 dichiaratamente sbilanciato su valori autonomi di forma.<\/p>\n
Mentre, dunque, nel concreto della pittura suggestioni mediatamente e variamente desunte da una rimeditazione sui pi\u00f9 vari testi del cubismo (da quelli remoti dei cubismo analitico alle pi\u00f9 prossime declinazioni sia picassiane che braquiane degli anni Trenta) s’erano diffusamente date in Italia gi\u00e0 negli anni di guerra (nell’ambito della seconda fase di \u201cCorrente”, soprattutto), sul piano teorico i primi avvisi d’un nuovo dibattito orientato in tal senso si registrano nel corso del ’46: forse sollecitati in prima istanza da un contributo di Raymond Cogniat, apparso sulla rivista milanese \u201cArgine Numero” nel dicembre dei ’45. In quel testo, prendendo le mosse da una mostra collettiva tenutasi nella primavera di quell’anno in una galleria parigina (la Ren\u00e9 Drouin, con la presenza \u2011 fra gli altri \u2011 di Fougeron, Gischia, Le Moal, Pignon, Singier, Tal Coat), il critico delinea la possibilit\u00e0 che dal ceppo del cubismo storico stia ora per germinare in Francia non una pallida ripresa di stanchi stilemi formali ma una nuova, vigorosa vicenda d’arte giovanile (della quale, oltre agli espositori della mostra parigina, egli vede protagonisti Bazaine, Est\u00e8ve e Lapicque).<\/p>\n
\u00a0\u00a0 \u201cEt voil\u00e0 que (…) s’affirme de plus en plus leur volont\u00e9 de construire un monde plastique plus soumis \u00e0 leur vision qu\u2019\u00e0 la realit\u00e9”, <\/i>scrive\u00a0 Cogniat in quel suo intervento. Ed in ci\u00f2 sta il tentativo, dapprima, di conciliazione dei due termini (realt\u00e0, dunque, e forma pura), assumendo per\u00f2 subito appresso decisamente l’uno come contraltare dell’altro. Corpora partecipa immediatamente a questo dibattito, attorno al quale subito e lucidamente avverte che si giocheranno i destini immediati dei rinnovamento delle arti in Italia.<\/p>\n
Nel dicembre del’46, espone a fianco di Fazzini, Guttuso, Monachesi e Turcato alla galleria del Secolo a Roma (poco dopo la stessa mostra andr\u00e0 a Milano, alla galleria S. Spirito): in catalogo appare un Manifesto del neo\u2011cubismo <\/i>che \u2011 ripreso tempestivamente da \u201cLa Fiera Letteraria”, e da quelle colonne reso disponibile ad una pi\u00f9 larga riflessione, che ulteriormente si amplia proprio in occasione dell’uscita milanese del gruppo \u2011 si propone di fatto come un primo e assai precoce momento di elaborazione di quell’ordine di problemi che di qui a pochissimo si porranno come centrali nel dibattito artistico italiano. Il Manifesto<\/i> \u00e8 firmato collegialmente da tutti \u201cgli Espositori”, ma sostanzialmente due posizioni vi si confrontano: ancora contigue, e come in attesa di armarsi l’una contro l’altra. \u201cPersonalit\u00e0 di formazione chiaramente diversa\u201d, si definiscono i cinque: mutuando dal manifesto della \u201cNuova Secessione Artistica Italiana\u201d, firmato pochi mesi prima a Venezia, il senso di una aggregazione provvisoria di ricerche di differente radice e natura, resa necessaria dai tempi segnati da \u201cun caotico rifiorire di interessi e di polemiche”. \u201cOgnuno di loro ha alternativamente ceduto alle astrazioni formali e insoddisfatto \u00e8 ritornato ad affrontare l’oggetto, l’uomo e il dramma dell’uomo nello sforzo di esprimerlo”. D’altra parte, si scrive, \u201cil piano che accomuna questi artisti\u00a0 (…) \u00e8 l’esigenza di esprimere la realt\u00e0 attraverso il rinnovamento del linguaggio. Tale rinnovamento significa per questi artisti il legarsi a quel filone che potremmo definire classico della tradizione figurativa moderna che parte da C\u00e9zanne, e si sviluppa nel fauvismo e soprattutto nel cubismo”.<\/p>\n
Ai due momenti citati dei Manifesto <\/i>sovrintendono rispettivamente, con ogni evidenza, le intelligenze diverse di Guttuso (cui si deve certamente il riferimento all’\u201duomo”, al suo \u201cdramma\u201d, e infine alla \u201crealt\u00e0” che ha da essere in ogni caso meta finale dell’immagine) e di Corpora, cui va invece riferito l’accento posto sulle radici storiche, c\u00e9zanniane da una parte, fauviste dall’altra, del moderno neo-cubismo. Che, allora, le due posizioni non sembrassero inconciliabili, basterebbe a dimostrarlo l’adesione che probabilmente lo stesso Guttuso sollecita, e che Corpora prontamente concede, al gruppo del \u201cFronte Nuovo delle Arti\u201d, che terr\u00e0 nel giugno dello stesso ’47 la sua prima mostra alla galleria della Spiga di Milano (presenti, oltre ai primi firmatari e oltre a Franchina e Leoncillo, proprio Corpora \u2011 introdotto in catalogo dallo stesso Guttuso \u2011, Turcato e Fazzini: cio\u00e8, praticamente al completo, il gruppo dei \u201cneo\u2011cubisti” romani).<\/p>\n
Ma che lo stesso Guttuso attraversi in questi mesi (e fin sulle soglie dei ’48, quando alla mostra del “Fronte” alla Biennale di Venezia presenter\u00e0 un’opera come Il merlo, <\/i>che \u00e8 per lui un apice di dichiarata adesione al linguaggio d’un cubismo fortemente formalizzato), un momento di dubbioso (e peraltro felicissimo) stallo nel processo che lo condurr\u00e0 dalla devozione a Guernica <\/i>all’opzione neorealista, sta a dimostrarlo, fra i molti suoi interventi pubblici di allora, anche una importante relazione stesa sul suo pi\u00f9 recente indirizzo da un critico a lui assai vicino come Antonello Trombadori, che attesta proprio in quei giorni (dicembre ’46, su \u201cNumero Pittura”) come Guttuso abbia \u201cchiarito a se stesso che un pittore contemporaneo italiano (…) non pu\u00f2 non inserire nel suo linguaggio l’esperienza cubista, e ancor pi\u00f9 significativamente \u2011 com’egli \u201cdurante il suo primo viaggio a Parigi abbia fatto tesoro della lezione di purezza e di rigore\u00a0 (…) che caratterizza la pi\u00f9 recente scuola francese”.<\/p>\n
Ora, a quelle determinazioni, a quei dubbi almeno, chi altro poteva averlo spinto se non Corpora? Corpora che avrebbe di qui a poco delineato, in un lungo e fondamentale saggio apparso sulle colonne de \u201cLa Fiera Letteraria” e intitolato Caratteri essenziali della pittura moderna, <\/i>una vicenda plausibile dell’approccio al moderno delle nuove generazioni di Francia e d’Italia, concludendo cos\u00ec: \u201cquesti giovani sono legati alle due scoperte fondamentali della pittura moderna: trasposizione del colore e del volume nello spazio. Tanto nei fauves che nei cubisti, queste scoperte rappresentano il punto di arrivo. Mentre i giovani se li propongono oggi come punto di partenza. Il processo potrebbe essere inverso da quello impiegato dagli artisti che dall’impressionismo (…) arrivarono alla pittura astratta. Si pu\u00f2 dire che oggi partendo da un’astrazione si ritorni alla riconquista dei simboli”.<\/p>\n
Caratteri essenziali della pittura moderna <\/i>vede la luce nell’ottobre del ’47: ma gi\u00e0 prima, con interventi scalati fra l’ottobre del ’46 e il maggio del ’47, tutti dedicati alla nuova scuola di Parigi, Corpora aveva testimoniato su \u201cLa Fiera Letteraria” della vitalit\u00e0 di quella situazione artistica, spostando di fatto l’attenzione dei colleghi italiani da Picasso (e dunque, per l’ottica di quegli anni, da Guernica), o da analoghe desunzioni storicizzanti, all’attualit\u00e0 del movimento cubista francese. E questa natura sostanzialmente diversa del contributo da lui offerto alla causa comune del rinnovamento del linguaggio nazionale veniva allora senza infingimenti riconosciuta non solo dai compagni di strada \u2011 il caso di Guttuso \u00e8 in tal senso esemplare, ma non unico \u2011 ma dello stesso Marchiori che, nella Introduzione <\/i>alla mostra milanese del \u201cFronte Nuovo”, attesta come \u201cCorpora, venuto da Tunisi e vissuto a Parigi, raccoglie l’esperienza di una civilt\u00e0 figurativa della quale \u00e8 partecipe in modo diretto e non per riflessione sui testi riprodotti”.<\/p>\n
Se si pone mente al fatto che, ad esempio, Guttuso s’era potuto per anni giovare soltanto della mediazione d’una cartolina di Guernica, <\/i>speditagli nel’38 da Cesare Brandi e da lui gelosamente conservata, per attingere ad una delle fonti dell’arte moderna; o se ancora si ragiona che, nel momento stesso dell’inaugurazione della mostra alla Spiga, Birolli e Morlotti sono \u2011 per la prima volta nel dopoguerra \u2011 a Parigi, intenti a confrontarsi con Picasso e con le ultime declinazioni postcubiste delle quali ampiamente sospettano, si potr\u00e0 desumere con intera evidenza di quale diverso peso e consapevolezza potesse essere il contributo offerto da Corpora: che a Parigi aveva lungamente soggiornato e lavorato nel corso degli anni Trenta, in proficuo dialogo (secondo quanto attestano alcune preziose sue tempere datate tra ’35 e ’37) con i circoli di resistenza astratta di Cercle et Carr\u00e9 <\/i>e di Abstraction Cr\u00e9ation. <\/i><\/p>\n
\u00a0\u00a0 <\/i>Nel tempo che immediatamente segue, e che vede la crisi e infine lo scioglimento del \u201cFronte Nuovo” (una crisi sulla quale incidono in pari misura l’eterogeneit\u00e0 degli artisti che vi aderivano e le pesanti intromissioni politiche, culminate nella tristemente nota Segnalazione <\/i>di Togliatti pubblicata su \u201cRinascita” in occasione della mostra nazionale d’arte contemporanea promossa nell’ottobre del ’48 dall’Alleanza della Cultura di Bologna), Corpora mantiene una posizione come d’attesa, e di apparente, parziale disimpegno dalle querelles <\/i>che agitano l’ambiente artistico italiano: querelles <\/i>ormai prossime a sfociare nel pi\u00f9 crudo e scialbo contraddittorio ideologico.<\/p>\n
E’ che, da una parte, Corpora non pu\u00f2 ovviamente condividere il ripiegamento testuale della realt\u00e0 sulle ragioni autonome della pittura (il che gli nega d’ora in avanti ogni contiguit\u00e0 stilistica con molti degli antichi compagni: Guttuso, e per allora anche Turcato); dall’altra, per\u00f2, gli \u00e8 del pari sostanzialmente estraneo il radicalizzarsi delle posizioni rigidamente astratte che propugna, agguerrita e talvolta massimalista, la nuova generazione. Meglio: a lui che ha vissuto e praticato \u2011 appunto sulla met\u00e0 del decennio precedente, in rapporto anche con le analoghe tensioni ideative egemoni nella cerchia dei Milione \u2011 esperienze di puro astrattismo, l’accesso a questo linguaggio non pu\u00f2 risultare di per s\u00e9 risolutivo di ogni problema e di ogni ansia che gli pone, giorno dopo giorno, la pittura. Questo, e una precisa distanza che egli prende dall’impegno politico di molti compagni di strada, lo sospingono verso una posizione di forte autonomia (non firma, ad esempio, la replica che Guttuso, Mafai, Turcato, Franchina, Leoncillo, fra gli altri, pubblicano all’intervento censorio di Togliatti sulla mostra di Bologna, cui, pure, Corpora ha partecipato): autonomia che \u00e8 insieme di ricerca e di posizione ideologica.<\/p>\n
Alcuni clamorosi \u2011 e per l’epoca davvero rarissimi per l’arte nostra \u2011 successi in campo internazionale (culminati nel Prix de Paris <\/i>assegnatogli nel ’51, e nella personale alla Galerie de France introdotta da Christian Zervos, l’anno seguente) non lo distolgono per\u00f2 \u2011 quand’egli avverte che i tempi sono maturi per un suo rinnovato impegno nell’agone italiano \u2011 da un nuovo importante contributo alle battaglie per il rinnovamento della nostra cultura artistica.<\/p>\n
E’ il 1952: e Morlotti (che gi\u00e0 aveva confessato a Birolli, all’indomani dello scioglimento del \u201cFronte Nuovo”, la pungente sua necessit\u00e0 di pensare ad un nuovo gruppo, perch\u00e9 \u201cse non facciamo qualcosa moriamo”) scrive ad Afro se non sia possibile sollecitare Corpora ad interpellare Venturi o Zervos per patrocinare il nuovo schieramento che si va delineando. Passano poche settimane e Corpora scrive a Birolli di aver \u201cconvinto Venturi a scrivere il testo per il nostro libro”: sar\u00e0, quel libro, gli Otto pittori italiani, <\/i>e costituir\u00e0 la testimonianza preziosa dell’appoggio del pi\u00f9 internazionale dei nostri critici al nuovo gruppo, sorto dall’eredit\u00e0 del vecchio \u201cFronte”.<\/p>\n
Il ruolo svolto da Corpora nella nascita e nella fortuna degli \u201cOtto” \u00e8, un’altra volta, decisivo: non solo, strategicamente, perch\u00e9 alla sua presenza \u2011 ancor pi\u00f9 che a quella di Birolli, cui pure era molto legato \u2011 si deve l’accettazione di Venturi (che di fatto garantir\u00e0, nella breve vita dei gruppo, l’importante eco anche europea che esso seppe suscitare, con una mostra itinerante in Germania nel ’53 e con la presenza a Kassel nel ’55; oltre al ruolo di primissimo piano che tutti i partecipanti \u2011 pur esponendo in sale distinte e con differente numero di opere \u2011 svolsero nella Biennale del ’52). Non solo per questo: ma anche perch\u00e9 proprio la sua opera (unitamente, forse, a quella di Afro; e in parte, ma ad un diverso livello qualitativo, a quella di Santomaso) andava a coincidere nel profondo con i pochi proponimenti teorici che, con grande sorvegliatezza, Venturi offriva come collante dei gruppo.<\/p>\n
Quell’essere, e dichiarasi \u2011 gli \u201cOtto” \u2011 n\u00e9 astrattisti n\u00e9 realisti; quel bilico che avrebbero dovuto serbare fra immagine desunta dalla realt\u00e0 e sensuosa volutt\u00e0 per la \u201cmateria preziosa” del colore e, infine, \u201cquella coerenza di visione”, quella \u201ccoerenza formale” che \u00e8 \u201cessenziale per l’arte moderna” fintanto che non pretenda di soggiogare ogni istinto e ogni memoria da essa deviante \u2011 tutto ci\u00f2, che \u00e8 il terreno insieme ambiguo e fertile sul quale si cercava l’incontro di personalit\u00e0 ancora una volta diverse, era \u2011 come le sale della XXVI Biennale confermarono appieno \u2011 l’humus su cui cresceva, da anni ormai, la pittura di Corpora: figlia di quel \u201cnon\u2011figurativo” che i jeunes peintres <\/i>per primi avevano predicato, e che Corpora e Venturi, in perfetta concordia, avrebbero nominato \u201castratto\u2011concreto”. La formula critica, con il suo tasso evidente d’ambigua disponibilit\u00e0 ad accreditare cose assai diverse, non avrebbe tardato a venire a noia; come pot\u00e9 venire a noia quella molta, successiva pittura italiana (e francese) implicata in essa come pallida e stanca desunzione da un modello presto divenuto di comodo. Diverso, e opposto, il caso della pittura di Corpora: che a quel bilico era arrivato per via personalissima, e che quell’instabile equilibrio fra vita e forma avrebbe, di l\u00ec in avanti, posto senza cedimenti a nutrimento di tutta la vita di pittore. Il gruppo d’opere splendido \u2011 nove dipinti, molti dei quali oggi dispersi e conosciuti solo per riproduzione \u2011 che Corpora present\u00f2 a Venezia nel ’52 sancirono allora la piena, assolata stagione d’un pittore fra i nostri maggiori del secolo: che tanto aveva saputo insegnare all’arte italiana in un momento di difficile sua transizione ad un linguaggio moderno.<\/p>\n
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Nota<\/i>. In questo testo si \u00e8 fatto riferimento alle seguenti voci bibliografiche: Raymond Cogniat, La vie artistique. Promesses d’avenir chez les jeunes peintres, <\/i>\u201cArgine Numero”, a. 1, n. 1, Milano, 1\u00b0 dicembre 1945; Antonio Corpora, Arte francese d’oggi a Roma<\/i>, \u201cLa Fiera Letteraria”, Roma, 17 ottobre 1946; id., Giovane pittura francese<\/i>, <\/i>\u201cLa Fiera Letteraria”, Roma, 24 ottobre 1946; Antonello Trombadori, Negli Studi<\/i>. Renato Guttuso<\/i>, \u201cNumero Pittura\u201d, a. III, n. 1, Milano, 15 dicembre 1946\u00a0;\u00a0 Un gruppo di pittori e scultori per la chiarezza, l’ordine e le leggi, <\/i>in \u201cLa Fiera Letteraria\u201d, Roma, 9 gennaio 1947 (ove si legge per esteso il cosiddetto Manifesto del neo\u2011cubismo <\/i>firmato da Corpora, Fazzini, Guttuso, Monachesi, Turcato); A. Po. (Attilio Podest\u00e0), Milano: pittori romani alla S. Spirito, <\/i>\u201dEmporium\u201d, a. LIII, vol. CV, n. 629, Bergamo, maggio 1947; Antonio Corpora, A colloquio<\/i> con Fougeron, \u201cLa <\/i>Fiera Letteraria\u201d Roma, 1 maggio 1947; Giuseppe Marchiori, Introduzione alla mostra<\/i>, in Prima mostra del Fronte Nuovo delle Arti<\/i>, Milano, galleria della Spiga, 1947 (ora in id., Il Fronte Nuovo delle Arti<\/i>, Vercelli, 1978; ove anche trovi il cosiddetto Manifesto<\/i> della \u201cNuova Secessione Artistica Italiana”); Renato Guttuso, Antonio Corpora<\/i>, in Prima mostra ….,<\/i> cit., ibidem; Antonio Corpora, Caratteri<\/i> essenziali della pittura<\/i> moderna, \u201c<\/i>La <\/i>Fiera Letteraria\u201d, Roma, 23 ottobre 1947; Lionello Venturi, Otto pittori italiani<\/i>, Roma, 1952; Enrico Crispolti, Catalogo ragionato generale dei dipinti di Renato Guttuso, <\/i>vol. 1, Milano, 1983; L. Somaini, Otto pittori italiani<\/i>. 1952\u20111954<\/i>, Roma\u2011Milano, 1986; Luciano Caramel, Arte in Italia. 1945\u20111960<\/i>, Milano, 1994.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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